Citiverse

paoloparti@poliverso.org (@paoloparti@poliverso.org)

Anzianotto torinese neurodivergente.

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Qui parlo di cultura e di bellezza e boosto il meglio che trovo in giro.

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A Orson, compagno d'infanzia andato via troppo presto, racconto qui la bellezza del mondo folle che si è perso:
«Fra i rami, i raggi del sole
Disegnano figure che non comprendo
E adesso capisco che mi sono perso
Qui dove vivi».


Salvo eccezioni, i post si autodistruggono dopo un mese.

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Altrove nel Fediverso:
Mastodon: Bronson 🐐 @PaoloParti@snowfan.masto.host
Bluesky bridge: Bronson Blu 🦋 @paoloparti.bsky.social

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Come per molti, tutto cominciò da Mastodon Uno.

  • Da Server Ribelli - R-esistenza digitale e hacktivismo nel Fediverso in Italia, di @thunderpussycat.

    Da Server Ribelli - R-esistenza digitale e hacktivismo nel Fediverso in Italia, di @thunderpussycat.

    All'Hackmeeting del 2018, quando è stato presentato ufficialmente Mastodon.bida.im, la volontà di trovare strumenti di comunicazione alternativi rispetto ai social network commerciali era all'ordine del giorno nel dibattito tra la comunità hacker. In quell'occasione è stato organizzato un talk, durante il quale gli attivisti di Trammenti1 sostenevano che per creare alternative alle piattaforme mainstream fosse necessario utilizzare più strumenti differenti. Gli attivisti affermavano:

    Se noi vogliamo andare avanti a condurre questa campagna, questa lotta contro i social mainstream non dobbiamo mai focalizzarci su uno strumento solo, dobbiamo usarne tanti e per esigenze diverse, anche perché se un giorno Mastodon viene forkato, se la community non riesce più a svilupparlo, bisogna avere tanti strumenti di backup e da sperimentare tutti. La sperimentazione di più strumenti accresce soprattutto il dialogo sociale e culturale sullo spirito critico e sull'uso della tecnologia. Ultima cosa: enfasi sulla tecnologia sociale, noi vogliamo ottenere una rete in cui c'è la massima autogestione.


    1 Era un collettivo di studenti hacker della città di Como ora non più attivo.

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  • Mario Tozzi: «Le spiagge, da ottobre ad aprile, dovrebbero essere libere.

    Mario Tozzi: «Le spiagge, da ottobre ad aprile, dovrebbero essere libere. Tutto dovrebbe essere rimosso, e invece al massimo si tolgono solo gli ombrelloni. Sulle nostre spiagge date in concessione per decenni, praticamente a vita, ci hanno appunto costruito strutture stabili. Questo doveva essere vietato e oggi andrebbero abbattute. Sulla spiaggia deve esserci solo ciò che è removibile, e niente di più. Invece ci hanno messo ristoranti, trattorie, cabine, passerelle, docce, servizi. Non va bene. E, di fronte alla possibile opposizione “Ma come? Io ho investito in tutto questo!”, io non posso che replicare: “Sì, ma hai fatto male: va buttato giù”. Il fatto di aver investito non ti dà automaticamente ragione, c’è il rischio d’impresa. Anzi, sappi che fin dall’inizio si è trattato di un abuso edilizio, perché sulla spiaggia non si può costruire. Non esiste condono che tenga, lo dice anche il codice della navigazione. Quindi andrebbe demolito tutto».

    micromega.net/mario-tozzi-si-d…

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  • Ho sognato che mi prodigavo nel fornire a persone mezzi per esprimersi.

    Ho sognato che mi prodigavo nel fornire a persone mezzi per esprimersi.

    Un po' come fa l'amico @snow.

    Oppure come vedo accadere nella serie americana In Treatment, che — a tempo perso — sto seguendo in questi giorni con mia moglie. È una serie televisiva del 2008, molto avvincente, incentrata sulle sedute psicoterapeutiche del protagonista Paul Weston, interpretato dall'irlandese Gabriel Byrne (che conoscevo per avere interpretato il professor Friedrich Bhaer in Piccole Donne ma che ha una filmografia più lunga della Divina Commedia).

    La serie è stata prodotta dal colombiano Rodrigo Garcia, figlio dello scrittore Gabriel García Márquez ed è ispirata a una serie israeliana il cui ideatore figura fra i produttori esecutivi.

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  • Un ottimo programma di vita:

    Un ottimo programma di vita:

    Addestriamoci a contravvenire con piccole azioni ai diktat patriarcali, del capitalismo e dello stato; su un piano collettivo, invece, possiamo impegnarci a recuperare storie – non siamo un fenomeno dell’ultima ora, c’eravamo già – e memoria, le ribellioni del passato sono stelle che ci aiutano a tracciare la rotta; poniamo attenzione alle persone piccole e alle generazioni future, perché è da loro che “riceviamo in prestito il pianeta” (cit.); tessiamo e autogestiamo una politica dei bisogni: nelle case, nei quartieri, nei paesi, nelle città che attraversiamo; occupiamo spazio e tempo con pratiche conviviali e femministe.


    filosottile.noblogs.org/post/2…

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