Lamentazioni

Sono dunque questi gli anni che s'apprestano? Le mattine che s'affastellano come lenuzola piegate e riposte nell'armadio ma senza l'odore dolce dei sacchetti di lavanda, quelle mattine in cui socchiudi gli occhi per indovinare i granelli di polvere che turbinano in controluce investiti dai raggi del sole del mattino: e conteremmo quei pulviscoli all'infinito piuttosto che sentire l'aria fredda che scivola lenta sotto i lembi del pigiama e ci carezza con la mano fredda della morte senza però la volontà del nulla, dell'oblio del tutto. Sono qusti quindi i giorni che si apprestano? La processone delle ore e dei minuti che procede senza musica né banda dove ci conduce se non nelle bianche stanze degli uffici in cui scontiamo la pena di voler restare vivi? Il bianco delle pareti è come il bianco dei sepolcri ma senza odore acre senza l'umido di grotta e l'asfissiante biancora non è forse un crudele modo per ricordarci ciò che siamo? Questo discordante sottofondo, questo consueto e detestabile brusìo perché ci accompagna nei nostri tristi giorni? Perché non sono nostre di diritto le celestiali sinfonie, le arpe, i cori a cento voci? Chi volle per noi questo silenzio senza bellezza, questa noia senza requie, questa tenebra che non accoglie?



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