Un tempo non è che le vacanze durassero più a lungo, o anche se lo facevano non era quello il problema, un tempo quando eri in vacanza eri sganciato da tutto. Oggi i social ti braccano, le chat lampeggiano, le mail ti inseguono, per quanto tu possa correre veloce c'è sempre un roaming pronto a tenerti con la testa nei casini del mondo reale, sai tutto quello che accade nel mondo e sai anche cosa la gente ne pensa di quello che succede, in genere cose imbarazzanti, e hai per le mani strumenti che ti permettono di continuare a produrre materiali di consumo per la rete, è dura sganciarsi da tutto, ho questo ricordo di quando ero ragazzino che quando qualcuno riceveva, faccio un passo indietro:

l'ho anche scritto in un libro, quando ero adolescente per molti anni di seguito i miei genitori portavano me e mio fratello in un camping sulla costa ligure, in un bungalow, per circa un mese. Luglio. Un tempo lunghissimo. In quel momento ero sganciato da tutto, tutti erano sganciati da tutti, niente cellulari, niente internet, niente di niente. Anche Paper Soft non arrivava nelle edicole. Solo i cabinati mostravano le loro luci sfavillanti e qualche coraggioso ragazzino milanese che si era portato il Commodore 64 con i joystick. Arrivo al punto: quando qualcuno riceveva una telefonata, si accendevano i microfoni di tutto il camping e la voce della gestrice o del figlio echeggiava per le tende e i bungalow per annunciare a tutti che c'era una telefonata per la famiglia Venerandi, quello era il collegamento con la realtà, altro che WhatsApp, mio padre che correva imbarazzato per andare a rispondere all'unico telefono del campeggio.

Così oggi staccare è il vero miracolo, nella testa, riuscire a sganciarsi dal reale, che poi, il reale non esiste, lo dice anche il libro che sto leggendo, il reale è una specie di impasto di visioni del mondo, interpretazioni, ideologie, tutto mescolato e che un retaggio illuminista ci fa credere che quello che pensiamo essere il mondo, quello sia reale. Da questo punto di vista una cosa che mi rilassa, malata, è pensare di essere all'interno di un ambiente, l'ho già scritto da qualche parte. Essere in un ambiente, tipo realtà virtuale, e pensare che tutto quello che posso fare è comunque confinato a questa realtà che vivo. Che è pochissima cosa se ci fai caso. È tutto confinato a questa piccola realtà che vivo.

Così oggi ero seduto con i figli ed Elettra e mio figlio ordina una crepe. Non ricordo il nome, era il nome di una montagna qua vicino, anzi il nome lo ricordo ma non voglio farvi sapere dove sono, diciamo crepe Monte Bianco. Con prosciutto, formaggi vari, eccetera. Aspettiamo, portano a me una crepe ai quattro formaggi, che avevo ordinato, e a mio figlio, al posto di quella con prosciutto e formaggi, una crepe con panna, cioccolato, e gelato. Attoniti. Siccome ci sono già un po' di cose che mi avevano innervosito, in pratica degli operai, non certo per colpa loro, hanno iniziato a trivellare a fianco del mio tavolino per cercare – immagino – del petrolio visto il rumore e la quantità di polvere sollevata, prima di incazzarmi controllo che non abbiamo sbagliato noi. Prendo il menu.

E scopro che il gestore del ristorante, oltre a sfoggiare un cartello scritto a mano con scritto “no bc!” che significa che si paga solo in contanti, il gestore ha avuto la geniale idea di avere una crepe salata con prosciutto e formaggio chiamata Monte Bianco, e una crepe dolce con cioccolata, panna e gelato chiamata Monte Bianco. Lo stesso identificatore unico, poi uno si chiede perché in HTML se la prendono malissimo se usi due id uguali.

Piccolo inciso. Non così il Lisa, il Lisa era una linea Apple che veniva dopo l'Apple II ma prima del Macintosh. Era un computer amichevole come il Macintosh ma terribilmente più lento e costoso, benché più sofisticato. Io ne ho usato uno una volta, al museo Apple, e – per farla breve – il Lisa potevi creare più file nella stessa cartella con lo stesso nome. Non ricordo come facesse a sapere se volevi poi quella salata o quella dolce, ma così era. Fine inciso.

Comunque qualche giorno fa mi sono messo a camminare per una valle, da solo. Non c'era campo. Ho lasciato tutti e ho iniziato a camminare in avanti in questa valle, e più andavo avanti più la valle sembrava che si terraformasse davanti ai miei occhi, alberi, cascate, prati, gruppi di persone, rami del fiume, arbusti, ponti, più andavo avanti più mi sentivo dentro una sandbox che sarebbe potuta andare avanti all'infinito per mostrarmi sempre nuovi rilievi e microvariazioni della natura. Alte sui lati si alzavano le montagne, come background di un mondo che avevo nella testa e mentre camminavo pensavo, e mescolavo stronzate a immaginazioni, progetti a stronzate di nessun peso e così sono andato avanti per quasi un'ora, al che mi sono reso conto che dovevo anche tornare poi indietro, e che c'era il resto della famiglia che, dopo quasi due ore avrebbe pensato che ero morto – sicuro – ucciso da una delle mucche che pascolavano enormi al margine del fiume.

Quindi torno indietro a passo veloce e quando arrivo trovo Elettra senza scarpe, che ride con i figli mentre fanno una gara di zattere autocostruite nel mezzo del fiume, le stringhe delle scarpe sono servite per legare i tronchetti e i calzini per fare la vela, e stanno sfidandosi mentre le zattere si impigliano per le rocce e le sterpaglie ai lati del fiume e io resto così a fissarli come un miracolo, penso quanta energia e quanta bellezza, mentre reggo con una mano un bicchierino di plastica con dentro un caffè macchiato che mi sta colando su tutta la mano e la carta alluminia che frulla metallica scossa dal vento.


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