Stiamo tornando dalla Francia all'Italia quando facciamo una deviazione, una strada mai presa che si rivela poi uno sterrato che la nostra Nemo affronta con candida incoscienza. Lo sterrato sembra non finire mai, lambisce strapiombi che terrorizzano i figli, con grazia, sale a capofitto fino al cielo e ci troviamo alla fine in questo posto dove posteggiamo l'auto esausta per guardarci attorno.
Ci sono alcune strutture sciistiche chiuse, un albergo abbandonato con le finestre spezzate, un bar con scritto “open”, chiuso. Due o tre case isolate con cani che abbaiano e segni di divieto. Grossi prati di un verde abbagliante, montagne, alberi sempreverdi che emergono qua e là, come residui di una modellazione ambiente. Non c'è praticamente nessuno. L'unica strada che viene e che va, quella sterrata. Ogni tanto, rara, passa lentamente un auto sbalordita come noi, qualche moto ruggente, qualche bicicletta. Camminiamo, valutiamo i sentieri che partono per una passeggiata, ma anche le nuvole gonfie e nere che si raddensano e svaporano sopra di noi.
Alla fine, è ora di pranzo, Elettra propone di mangiare lì le cose che abbiamo in auto prese dalla casa francese che abbiamo abbandonato. Non c'è molto e buona parte delle cose sono immangiabili, wusterl freddi e nuggets di pollo surgelati. C'è una zona, delle panche in legno con al centro quello che sembra uno spazio per fare fuochi, più in basso, che raggiungiamo. “Ci penso io” dice terzogenita e inizia a raccogliere legna e va in auto a prendere un suo sketchbook di disegni.
Poi si mette vicino all'area fuoco, strappa via dallo sketchbook i suoi disegni peggiori, li appallottola e ci mette sopra dei rametti, si fa dare l'accendino da Elettra e inizia a provare ad accendere il fuoco. “L'ho già fatto” dice con sicurezza, ma il fuoco non prende, la legna è umida per le piogge dei giorni precedenti. “È legale accendere un fuoco?” chiede intanto secondogenito più preoccupato degli aspetti legali della cosa rispetto a quelli fisici. “No – dico io – ci arresteranno”.
Elettra si affiancherà a terzogenita per provare lei ad accendere il fuoco, poi secondogenito e poi anche l'io narrante, tutti ad usare la propria tecnica segreta per accendere il fuoco, fallendo, finché, mentre sto provando io, si affianca secondogenita, poi Elettra e – per farla breve – come in un film per famiglie, alla fine, collaborando, lentamente, con incertezza il fuoco effettivamente prende. Ci ritroviamo quindi nel mezzo di queste montagne con il fuoco che guizza, fuma, ci impesta del suo odore infernale e noi restiamo a debita distanza a riscaldarci e vederlo crescere e fiammeggiare.
E – niente – ancora oggi nel 2025 vedere sbucare dal niente un fuoco gestito dall'uomo ha un che di estraneo e magico, pensare che mentre si gira per il mondo si possa accendere un fuoco per farne qualcosa, come se fosse una cosa naturale, mostra tutto il suo essere innaturale, un passaggio determinante che abbiamo fatto chissà quando per diventare quello che siamo, l'essere più innaturale della terra, ed ora è lì in mezzo a noi che saltella e si alza verso il cielo e poi scema e sembra morire, tanto che continuiamo ad alimentarlo, scegliere rami, buttarli dentro, vederli lambiti trasformarsi.
È lì che terzogenita e secondogenito, come se fosse la cosa più naturale del mondo, si cercano due rametti, infilzano i wusterl e i nuggets surgelati, e si mettono attorno al fuoco per scaldarsi il cibo. Scherzano, ridono, rischiano che prenda fuoco anche il rametto che regge la carne, cercano tecniche per fissare i rametti sopra al fuoco, scappano quando il vento li investe con il fumo, morsicano timorosi e felici il risultato della loro caccia. Hanno creato qualcosa che prima non c'era, hanno trasformato un momento standard del nostro viaggio in Europa in qualcosa di memorabile.
Io – vegetariano ai margini – sgranocchio la mia carota e addento la mia mozzarella gusto industriale, e mi godo lo spettacolo, guardo per un attimo Elettra che li sta fissando da ogni parte.