Da Internazionale.
Giorni fa ascoltando un podcast a cui sono affezionato, De Core Podcast, mi ha fatto riflettere l’osservazione di un ospite, il famoso conduttore radiofonico Linus.
Linus si chiedeva com’era possibile che un paese piccolo come Israele (grande quanto la Lombardia e con gli stessi abitanti della Lombardia), senza petrolio né altre fonti energetiche, fosse diventato così ricco e potente.
Nelle stesse ore veniva annunciato il premio Nobel per l’economia, che quest’anno è andato a tre studiosi – lo statunitense-israeliano Joel Mokyr, il francese Philippe Aghion e il canadese Peter Howitt – per il loro lavoro sull’impatto delle nuove tecnologie sulla crescita economica. Forse una risposta (parziale) alle domande di Linus arriva proprio da questo Nobel, che è molto più importante di quanto si pensi e dovrebbe far riflettere tutti, soprattutto in Italia, un paese la cui economia è ormai da decenni praticamente ferma, come i salari dei suoi lavoratori.
In un comunicato la Banca di Svezia, che ogni anno assegna il Nobel per l’economia, spiega che “da più di due secoli – un fatto inedito nella storia umana – il mondo ha conosciuto una crescita sostenuta, che ha permesso a tantissime persone di uscire dalla povertà e allo stesso tempo ha posto le basi della nostra ricchezza attuale.
Questa condizione, aggiunge la Banca di Svezia, è un’eccezione assoluta: “Nella maggior parte della storia umana la normalità è stata la stagnazione. Il lavoro dei vincitori, si legge nel comunicato, “dimostra che la crescita economica non può essere data per scontata”.Proprio la straordinaria capacità di innovare è uno dei fattori che ha permesso i progressi di Israele.
Nei suoi studi Joel Mokyr ha dimostrato che la base della crescita senza precedenti dell’economia in occidente è dovuta all’applicazione del metodo scientifico, cioè al fatto che gli esseri umani hanno cominciato a chiedersi perché e come funzionavano le cose. È questo che ha permesso in Europa la rivoluzione industriale. Perché poi proprio in Europa e non altrove? Mokyr sottolinea che non ci può essere crescita economica senza una società che si apre alle idee e ai cambiamenti.
L’Europa è il luogo del mondo che per primo ha cominciato a distaccarsi da una società fondata sui dogmi (religiosi e non) considerati immutabili: furono i mercanti medieviali tra i primi a pensare che ci si potesse arricchire e godere della vita mentri si era ancora sulla Terra, senza per forza aspettare la vita eterna.
Da tutto questo è nata una spinta al progresso, all’innovazione, all’emancipazione e alla crescita che arriva fino a noi. Un percorso tutt’altro che lineare, non certo privo di contraddizioni, ingiustizie, disparità, episodi ignobili. A questo proposito, Philippe Aghion e Peter Howitt sono stati premiati anche per aver studiato i meccanismi alla base della crescita sostenibile. Hanno elaborato un modello matematico per quella che l’economista austriaco Joseph Schumpeter chiamava “distruzione creativa”: quando un prodotto nuovo e migliore entra sul mercato, le aziende rimaste ferme al passato vengono penalizzate e spesso spazzate via.
Molti oggi vedono nella Cina la dimostrazione del fatto che un paese può evolversi senza necessariamente passare da una società aperta. Il colosso asiatico è una “megamacchina”, un sistema dispotico il quale non può tollerare qualsiasi pensiero e invenzione che metta a rischio il proprio potere.
Intanto anche gli Stati Uniti sembrano orientati verso un assolutismo di tipo cinese e hanno cominciato a distruggere le basi di quella società aperta, che ha fatto la fortuna della loro economia.
Resta l’Europa con le sue enormi contraddizioni. La speranza è che non abbandoni i principi di libertà e apertura che ne hanno favorito lunghi anni di prosperità e pace.
L'articolo completo si può leggere qui: https://www.internazionale.it/notizie/alessandro-lubello/2025/10/18/conoscenza-pensiero-motore-economia.