Dall'articolo America addio, sarà la Cina il nuovo egemone globale, di Ana Palacio.

È ormai chiaro a tutti che gli Stati Uniti si stanno allontanando dalla posizione di leadership globale. Pur essendo in gran parte dettato da una scelta, il ritiro dell’America potrebbe diventare irreversibile.

E se il Partito comunista cinese farà la sua parte, la Repubblica popolare assurgerà a nuovo egemone globale.

Il libro bianco della Cina stabilisce che la sicurezza politica è il fondamento della stabilità nazionale, essenziale per consentire alla Cina di agire come forza stabilizzatrice in un mondo turbolento. Tale turbolenza può essere attribuita in gran parte alle potenze occidentali – soprattutto agli Usa – che hanno favorito il disordine attraverso il contenimento e l’interferenza.

Anche l’attuale ritiro dell’America dalla leadership globale è stato conflittuale e caotico. Questo caos inizia con l’amministrazione Trump che abbraccia il nazionalismo economico e continua con Trump che rifiuta decenni di principi di politica estera Usa. La volontà di Trump di far leva sul potere americano per plasmare gli affari globali in base ai suoi capricci è un’altra istigazione all’instabilità, e la sua decisione unilaterale di bombardare i siti nucleari iraniani ne è l’esempio più ovvio. L'operazione non solo è improbabile che abbia raggiunto i suoi obiettivi, ma mina il soft power degli Stati Uniti e invita ad accusarli di arroganza e ipocrisia.

Trump non sembra preoccuparsi di questo, perché convinto che la sicurezza nazionale non dipenda da un’azione di sensibilizzazione globale, bensì dalla deterrenza militare, dalla sicurezza informatica e dal protezionismo economico.

In realtà, l’amministrazione Trump ha ridotto la diplomazia culturale e ha tagliato gli aiuti allo sviluppo, simboli dell’influenza americana post-Guerra Fredda. Ciò ha spalancato alla Cina le porte per posizionarsi come attore stabile e sicuro negli affari regionali e globali, come campione del multilateralismo, investitore e difensore del Sud globale.

La Cina sta alimentando il suo soft power attraverso la diffusione culturale e l’impegno economico, inclusi scambi commerciali, prestiti e investimenti. A maggio il paese ha introdotto una linea di credito da 9 miliardi di dollari per l’America Latina e i Caraibi. Più in generale, la Cina ha stanziato enormi quantità di finanziamenti per progetti infrastrutturali ed energetici in tutto il Sud globale.

Ma la retorica cinese di giustizia e multilateralismo è smentita dalle sue politiche interne coercitive e dalle sue manovre regionali aggressive. La Cina ha portato avanti diverse rivendicazioni territoriali con crescente assertività. Per quanto riguarda Taiwan, il partito «non promette di rinunciare all’uso della forza» e «si riserva la possibilità di prendere tutte le misure necessarie» per «riunificare» la Cina.

Gli Stati Uniti e la Cina hanno idee molto diverse su cosa significhi sostenere la stabilità globale.

Se intendono rimanere attori decisivi nell’emergente ordine mondiale multipolare, gli Usa dovranno riaffermare i principi di politica estera del dopoguerra su cui è stato fondato l’ordine basato sulle regole che loro stessi hanno contribuito a costruire ma che ora minacciano.