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  • Max Mara e lo sfruttamento nel lusso: le lavoratrici denunciano body-shaming e condizioni di lavoro disumane


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    Max mara sotto accusa: sciopero delle lavoratrici il 22 e 23 maggio: “Ci chiamano grasse.”
    Nel cuore del lusso italiano si nasconde una contraddizione inquietante. Mentre Max Mara è celebrata per la sua eleganza senza tempo e i cappotti impeccabili, le lavoratrici dietro al marchio, perlopiù donne, rompono il silenzio denunciando una realtà dura: regole rigide, esaurimento fisico, salari rubati e promozioni bloccate.

    L’ultima protesta arriva dallo stabilimento di San Maurizio a Reggio Emilia, dove 220 lavoratrici hanno scioperato con il supporto del sindacato Filctem-CGIL
    Le loro richieste? La fine di “condizioni di lavoro inaccettabili” che, a loro dire, appartengono agli anni ‘80, non all’Italia di oggi.

    Le lavoratrici di Max Mara: “Ci chiamavano grasse. Contavano le pause bagno”

    All’interno della fabbrica, le dipendenti descrivono un ambiente disumanizzante:

    Body-shaming: “Ci chiamavano vacche da mungere. Ci dicevano che eravamo troppo grasse, suggerendoci persino esercizi per dimagrire.”
    Salari da sfruttamento: “Siamo pagate a cottimo, come macchine su una catena di montaggio.”
    Controllo e umiliazione: “Contano le pause bagno, nonostante siamo donne con il ciclo.”
    Erica Morelli, segretaria generale di Filctem-CGIL Reggio Emilia, ha condannato l’immobilismo dell’azienda: “Max Mara ha costruito un muro. Questo sciopero è la nostra ultima risorsa per ottenere rispetto.”

    Marco Grimaldi, vicecapogruppo di AVS alla Camera, è intervenuto sulla vicenda presentando un’interrogazione parlamentare: “Il colosso Max Mara non applica nemmeno il contratto collettivo nazionale del tessile (CCNL), né offre alcuna trasparenza su emissioni e tutela climatica.”

    Moda di lusso, realtà da sweatshop

    Non si tratta di un caso isolato. Max Mara si aggiunge a una lunga lista di marchi della moda segnati da abusi lavorativi.
    Indagini hanno rivelato l’esistenza di laboratori in subappalto — le cosiddette “fabbriche dormitorio” vicino a Milano e Bergamo — dove lavoratori cinesi cuciono borse di lusso a 2€/ora. Le stesse borse vengono poi vendute a 1.800–3.000€.

    Facciamo due conti:

    • Costo di produzione per borsa: 40–90€

    • Prezzo al dettaglio: fino al 3.000% di ricarico

    • Quota del lavoratore: meno dell’1% del prezzo finale

    In breve, i colossi del lusso fanno affari sulla pelle delle persone e del pianeta.

    La moda genera il 5% del PIL italiano, ma si basa su un sistema di schiavitù moderna. Questo è inaccettabile.

    Considerazioni finali: la verità scomoda del capitalismo

    Max Mara sotto accusa rivela il volto scomodo del lusso. L’industria della moda è lo specchio del capitalismo: glamour in superficie, sfruttamento dietro le quinte. Infatti, dietro la patina del lusso si nasconde un sistema fondato sulla compressione del lavoro per massimizzare i profitti.
    Eppure, come affermano i sindacati, aumentare il compenso di appena 1–5€ per capo potrebbe cambiare radicalmente la vita dei lavoratori.

    Le testimonianze delle lavoratrici Max Mara rivelano quanto sia marcio l’intero sistema economico. Ma può davvero l’industria della moda continuare a esistere umiliando proprio chi la sostiene?

    In definitiva, si possono mettere cerotti — soluzioni che sembrano funzionare — con la mediazione di sindacati, forze dell’ordine o altri attori. Ma finché non si affronterà la causa profonda ( cioè il sistema economico stesso), nulla cambierà davvero.

    Se vuoi altri approfondimenti su moda, sostenibilità e cultura, trovi tutto sul blog indipendente suite123:

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    #lavoro #moda #fashion #capitalismo #sfruttamentodellavoro

  • tallonedakiller@feddit.itT
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    Body-shaming: “Ci chiamavano vacche da mungere. Ci dicevano che eravamo troppo grasse, suggerendoci persino esercizi per dimagrire.” Salari da sfruttamento: “Siamo pagate a cottimo, come macchine su una catena di montaggio.” Controllo e umiliazione: “Contano le pause bagno, nonostante siamo donne con il ciclo.” Erica Morelli, segretaria generale di Filctem-CGIL Reggio Emilia, ha condannato l’immobilismo dell’azienda: “Max Mara ha costruito un muro. Questo sciopero è la nostra ultima risorsa per ottenere rispetto.”

    Gente senza vergogna

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    il livello è davvero inquietante.


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